Live report: Mike Mangini Clinic - Acustica Napoli

Napoli, 19 settembre 2014


Se si volesse stilare un elenco dei batteristi contemporanei più dotati tecnicamente, sicuramente Mike Mangini risulterebbe ai primi posti. Americano ma di evidenti origini italiane, vanta una carriera invidiabile: Steve Vai, Extreme, Annihilator, fino ad arrivare ai Dream Theater, in seguito alla dipartita del loro ex batterista Mike Portnoy. In occasione del suo clinic tour europeo Mangini ha fatto tappa sul palco di Acustica Napoli. L'evento ha attirato un nutrito pubblico di batteristi, soprattutto giovani, molti fan della band americana, ansiosi di vedere all'opera un musicista di assoluto livello.

Mangini, endorser Pearl e Zildjian, si é esibito su una MPL Master Limited, assemblata (come sua consuetudine) con i tom disposti simmetricamente intorno ai rullanti: oltre al rullante principale, infatti, Mangini utilizza un secondo rullante di misure ridotte, montato al centro del rack.


Durante la clinic il batterista ha fatto varie volte riferimento al suo nuovo video didattico, "The Grid", incentrato sull'improvvisazione e sulla musicalità creativa. Per riuscire a suonare e improvvisare con scioltezza in generi musicali ricchi di tempi dispari come nel progressive, é fondamentale essere padroni della misura e del tempo, per poter scomporre in modo semplice ed efficiente anche le suddivisioni ritmiche più complicate. Durante la demo Mangini suona vari esempi di tempi dispari, tipicamente progressive, muovendosi senza alcuna esitazione fra 11/8, 15/16, 17/16 e numerose altre suddivisioni.

Più volte nella clinic racconta della sua esperienza con i Dream Theater. A partire dall'audizione (nella quale fu preferito a mostri sacri del calibro di Virgil Donati e Thomas Lang), quando fece di tutto per non pensare di essere a un'audizione e non sentirsi sotto esame, fino ad arrivare ai concerti, durante i quali suona per tre ore avendo davanti agli occhi per la maggior parte del tempo il fondoschiena dei suoi compagni di gruppo...! Dopo ogni live con i Dream Theater la band analizza attentamente il concerto in modo da identificare punti deboli nello spettacolo o nell'esecuzione: se c'é un problema in un pezzo é indispensabile capire dov'è, anche perché dietro alla band c'é una troupe tecnica che segue costantemente il concerto (audio, luci, proiezioni...). Lui per esempio ha un video alle spalle con il quale deve essere in sincrono durante tutto il live, inoltre le sue parti sono spesso più complicate di quanto possano sembrare (se mai ce ne fosse bisogno...), e se lui a volte durante i live può sembrare stanco o sovrappensiero, in realtà é solo molto concentrato, condizione indispensabile per focalizzare l'attenzione e suonare parti così complesse. Dal vivo poi possono essere molti gli imprevisti che fanno distrarre, per esempio una bacchetta che si incastra nelle meccaniche, o il cavetto dell'in ear monitor che rimane impigliato al seggiolino, o ancora luci e fumo: é fondamentale quindi rimanere concentrati e riuscire a rientrare a tempo con il brano, anche se si é perso un colpo.

Tornando a parlare di improvvisazione, Mike suggerisce che per improvvisare é necessario conoscere il genere, i suoi standard ed essere in sintonia con la musica, e che si può improvvisare anche usando solo le dinamiche. In qualunque contesto di improvvisazione, Mike afferma che é indispensabile valutare prima di tutto il tempo e la velocità del brano, successivamente la dinamica e lo stile da seguire. Prima ancora, però, occorre consapevolezza del proprio livello tecnico e della propria preparazione attuale: anche a Mike accade di immaginare parti che non é in grado di eseguire (risulta difficile crederlo...), e proprio per questo occorre uno studio metodico e costante.

Mike esegue dal vivo il brano dei Dream Theater "The Enemy Inside", e per l'occasione spiega come il suo set di batteria sia pensato per permettergli di seguire con i tom le parti di chitarra di John Petrucci. I tom infatti, come detto all'inizio, non sono montati dal più piccolo al più grande da sinistra verso destra, bensì sono distribuiti simmetricamente a destra e a sinistra del batterista in modo che da entrambi i lati vadano da suoni più acuti a suoni più gravi. In questo, quindi, il suo drumming differisce notevolmente da quello di Portnoy, che era solito eseguire stacchi e scariche sui tom in modo lineare e quasi sempre discendente (come accade in "The Dance of Ethernity"), non curandosi che la chitarra stesse invece eseguendo una scala ascendente. Possono sembrare dettagli, ma ricordiamoci che i nostri tamburi, oltre a emettere dei suoni, sono (o dovrebbero) pur sempre essere accordati su note e intervalli precisi, quindi ben venga seguire i propri compagni di band melodicamente oltre che ritmicamente.

Mangini approfitta dell'occasione per raccontare del suo ruolo di "sostituto" di Mike Portnoy. Ancora oggi, dopo quattro anni, su web imperversano diatribe fra i sostenitori dell'ex drummer, che abbandonò la band per motivi personali nell'autunno 2010, e i fan di Mangini. Spesso i giornalisti hanno travisato le sue parole nelle interviste: Mike (M.) per esempio affermò che studiare le parti di batteria dell'altro Mike (P.) fu "facile", cosa ben diversa dall'affermare che le parti di Portnoy sono facili.
Certamente non deve essere stato facile sostituire un batterista come Portnoy, musicista dalle elevatissime doti tecniche e soprattutto di grande carisma e personalità, a volte tendenti (secondo alcuni) all'egocentrismo, ma amato dalla maggior parte dei fan della band e degli amanti dello strumento.

Mike Mangini oltre ad avere sempre suonato in band e progetti (come i Mullmuzzler, side project con il suo futuro compagno di band James LaBrie) é anche un insegnante: Mike ama insegnare, perché allo stesso tempo la didattica gli serve per migliorarsi come musicista, ed é convinto che, come nello sport, occorra una buona guida per poter migliorare. Nelle lezioni con i suoi allievi cerca sempre di farli improvvisare, partendo da cose semplici, dal beat, suonando per esempio tre battute di tempo e la quarta di fill, ovviamente attenendosi al genere musicale. La tecnica e la velocità servono, ma sono sempre un mezzo al servizio della musicalità.

Mike conclude la sua dimostrazione suonando la prima parte di "Illumination Theory", l'ultimo brano dall'album "Dream Theater", ovvero il primo album con la band statunitense nel quale lui ha avuto un ruolo attivo nella fase compositiva.

Prima di congedarsi e andare a cena con l'impeccabile staff di Acustica Napoli, Mike si concede a foto e autografi con i presenti, con la stessa umiltà e simpatia che l'hanno accompagnato per tutta la clinic.

L'unico rimpianto di chi scrive é che per mancanza di tempo non c'é stato il consueto questions & answers con il pubblico... la curiosità di sapere chi gli fornisce i suoi calzettoni verdi fosforescenti non potrà essere soddisfatta!


Roberto Ficarella - labatteria.it