Le onde sonore, propagandosi, trasportano energia ed esercitano una pressione, sui nostri timpani, cosí come sui microfoni, e su tutti gli oggetti in genere (pensate a quando sentite nel petto i colpi di cassa o le note gravi di un basso). É proprio questa pressione sonora l'oggetto della nostra indagine. Quando parliamo però di pressione sonora é stato scelto un sistema di misura completamente diverso.
Anche in questo caso, come nei precedenti, la gamma di valori a cui siamo interessati é molto grande, circa 1014 (diecimila miliardi...).
Tuttavia si é preferito utilizzare una scala non lineare, ma logaritmica. Non iniziate a sudare, cercheremo di capire, in modo pratico, dei concetti che a scuola ci hanno tanto angosciato...
Nel grafico a sinistra ho messo a confronto il generico andamento lineare con quello logaritmico. Quello più scuro, rettilineo, segue un andamento lineare: é una retta, e come é chiaro dal disegno, a incrementi costanti sull'asse orizzontale, corrispondono incrementi anch'essi costanti sull'asse verticale (la derivata é costante, ed é il coefficiente angolare della retta...). Le quantità orizzontali e verticali sono legate fra loro per mezzo di un coefficiente fisso (il coefficiente angolare, appunto). Nota l'una, é possibile ricavare l'altra moltiplicandola per questo coefficiente, che é lo stesso per ogni coppia di valori sulla retta.
Passando alla seconda funzione (in viola), questa proporzionalità fissa viene meno. A incrementi costanti sull'asse orizzontale NON corrispondono incrementi costanti sull'asse verticale. Quello che osserviamo, passeggiando sull'asse orizzontale, é che ad incrementi costanti su questo corrispondono incrementi via via più piccoli in verticale. Questo é l'andamento della generica funzione logaritmo.
Fatta questa premessa (ma era superflua per voi, vero???), ora capirete cosa significa che il livello di pressione sonora é espresso in scala logaritmica. Questo é un modo pratico di "comprimere" i possibili valori, darne un riscontro più leggibile e maneggevole (anche il PH viene valutato in questo modo...).
L'unità di misura del livello di pressione sonora (SPL) é il decibel [dB].
Il numero di decibel di pressione sonora deriva dal logaritmo in base 10 del rapporto fra la nostra pressione e quella di riferimento, il tutto moltiplicato per 20:
Il valore più basso di decibel corrisponde a 0, e corrisponde al suono più debole che si possa percepire, che é proprio la nostra pressione di riferimento Infatti, se al posto di P nella formula mettiamo il valore di P di riferimento, la frazione vale 1, e il logaritmo di 1 é zero - verificatelo anche col grafico di sopra, il logaritmo in uno assume valore zero.
Viceversa, valori di dB di circa 140 corrispondono a pressioni che causano dolore all'orecchio, e per questo tale valore di SPL delimita la soglia del dolore.
In definitiva, nota la pressione sonora esercitata da una sorgente, é possibile calcolare, con una calcolatrice scientifica e la formuletta qui sopra, il livello in decibel.
Ok, ora abbiamo capito come arrivare ai decibel, ma a quanto equivale, in "volume", un certo valore in decibel??
Abbiamo più o meno capito la relazione fra valori in decibel e percezione di volume. Cé però da fare un'importante precisazione: a parità di potenza, due suoni di due diverse frequenze saranno percepiti con volumi differenti: si ha quindi una relazione fra percezione del volume e percezione della frequenza.
Esaminiamo con attenzione il grafico accanto e cerchiamo di inquadrare meglio la questione. L'asse orizzontale rappresenta le varie frequenze, crescenti da sinistra verso destra, e indicate in basso. L'asse verticale rappresenta il livello di pressione sonora, in decibel, da 0 dB a 130 dB. Il grafico si legge cosí: per ogni curva il punto di riferimento é quello dei 1000 Hz, e accanto a questo é indicato il valore di dB (corrispondente al valore indicato al lato del grafico, a sinistra). La curva collega fra loro tutti i punti che danno una sensazione di intensità sonora pari a quella di un tono puro a 1000 Hz a quel livello di dB (per questo motivo le curve prendono il nome di isofoniche - o curve di Fletcher e Munson). Prendiamo per esempio la curva dei 10 dB. Se riproduciamo un tono puro a 300 Hz, questo, per dare all'ascoltatore un'intensità soggettiva uguale al tono a 1000 Hz, dovrà essere riprodotto a 20 dB; se scendiamo a 50 Hz, questo tono dovrà invece essere riprodotto a ben 50 dB!
Viceversa, sempre sulla stessa curva, se vogliamo che un tono a 5 KHz sia percepito alla stessa intensità di un tono a 1000 Hz (a 10 dB), al tono a 5 KHz basteranno 4 dB.
Questo andamento, come si vede dal grafico é generale. Tuttavia, se saliamo molto di volume (le curve più in alto), le differenze sono minimizzate.
Cosa deduciamo da queste osservazioni?
Infine:
Potete convincervi personalmente di quanto abbiamo detto ascoltando un qualsiasi brano a vari volumi: la presenza dei suoni bassi, scarsa a basso volume, si farà sempre maggiore, rispetto all'intero spettro, all'aumentare del volume.
Per ovviare a questo comportamento discriminante da parte dell'orecchio, su molti hi-fi c'é il pulsante loud, o loudness, che aumenta l'intensità delle basse frequenze. L'ideale sarebbe che l'incremento delle basse frequenze seguisse l'andamento delle curve isofoniche, ma nella maggior parte dei casi dubito che questo avvenga.